giovedì 14 agosto 2014

Recensione di "Tredici" di Jay Asher

Avevo sentito parlare di questo libro in due modi: c’è chi l’ha odiato e chi l’ha amato. Quindi mi è piaciuto si o no? Nì.
Voto: 7/10

Titolo: "Tredici"
Autore: Jay Asher
Titolo originale: “Thirteen reasons why”
Casa Editrice: Mondadori, 2008
Genere: young adult, thriller psicologico
Prezzo: € 15,00
Pagine: 237

Trama: Clay , tornando a casa da scuola, trova una scatola da scarpe davanti la porta di casa. Al suo interno 7 cassette numerate con lo smalto blu. Nessun mittente.
Inizia ad ascoltare la casetta 1, lato A e si accorge immediatamente che chi parla è Hannah Backer, una ragazza della sua scuola, che si è suicidata meno di due settimane fa, senza una spiegazione razionale.
Hannah ha registrato tredici episodi, una per lato, dedicati a tredici persone, che accusa di aver provocato volontariamente o no, la sua morte. Ma Clay cosa c’entra? Sa di non aver fatto nulla, perciò cosa può avere a che fare quella storia con lui? Sì, una volta ha baciato Hannah Backer, e allora?
Sconvolto dal sentire l’eco lontano dei pensieri di una ragazza che ha deciso di farla finita, Clay si lascia trascinare dal racconto, visitando i luoghi e gli avvenimenti che lui ha in parte condiviso con altre dodici persone, con le quali ha avuto poco a che fare, se non a scuola. Che cosa sarebbe successo se…?

Commento:
Avevo un diavoletto che mi diceva “Ma che fai? Perché lo prendi? Non ti lascerà nulla…”, ma alla fine l’ho preso e l’ho anche letto. In 6 ore, neanche.
Clay è un ragazzo a posto, su questo non c’è dubbio. E’ la povera Hannah che ha sempre avuto bisogno di uno psicologo. La ragazza, tormentata dagli accadimenti, si lascia completamente andare alle dicerie e da’ troppo valore ad alcuni gesti, che forse io personalmente avrei lasciato correre. Chi di noi non è stato preso in giro, usato o anche solo abbandonato da amici che credeva veri? Nessuno. Hannah sembra farne una tragedia più grande di lei. Forse è una ragazza debole, vittima di sé stessa. Ma come si fa ad uccidersi per motivazioni del genere?
E’ chiaro che il libro non avrebbe potuto avere neanche un inizio se lei non avesse preso quelle pasticche. Ma la mancanza di motivazioni, quella è tutta colpa di Jay Asher. E’ un ottimo scrittore, ne sono certissima, ma avrebbe dovuto osare di più. Giustamente questo è un libro indirizzato a dei ragazzi, perciò capisco il timore di Asher, se così fosse. Ma non è più rischioso? Voglio dire, un ragazzo fragile, che legge un libro del genere, in cui la protagonista si è suicidata per motivi futili, non è un bel modello, no? Capisco il suicidio per onore, ma questo è tutto un programma. Oltretutto, la razionalità con cui Hannah compie il suo gesto, preparando le cassette, analizzando ogni minimo dettaglio degli eventi e, diciamolo, eccedendo nel dare un valore a azioni sconsiderate di adolescenti altrettanto sconsiderati, non può essere considerata realistica. Hannah è troppo metodica per apparire debole e vittima, la sua è una vendetta. E’ lei quella più crudele, in tutto il racconto. E’ lei che provoca un senso di angoscia in molti di quei tredici, che prendono anche in considerazione di essere loro stessi istigatori del suicidio di lei (in parte giustamente). Da questo punti di vista l’ho apprezzato: la vittima è in realtà anche colpevole. In effetti, da una parte Jay Asher te lo fa capire, perché quando trova uno spiraglio di luce è lei che sceglie di guardare ancora il fondo del pozzo, solo per trovare un altro motivo per compiere quel gesto. L’errore di Jay Asher è stato quello di non darle un valido motivo, oppure di non sottolineare come la falla sia in Hannah stessa. Perché, per Hannah, non era lei che doveva reagire, ma gli altri che dovevano smettere di perseguitarla e comprendere il suo vittimismo.  Hannah è convinta che le persone debbano soppesare ogni minimo gesto prima di compierlo e valutare ogni parola prima di dirla. Ma certo, è vero. L’errore di Jay Asher è stato quello di eliminare il messaggio contrario, ovvero, “non ti curar di loro, ma guarda e passa”.
Eppure, in un certo senso, l’ho apprezzato perché è Hannah il vero “cattivo” della storia. Oltretutto la storia è narrata con molta originalità e tatto e Jay Asher è un ottimo narratore.
Quindi, se lo avete in libreria, leggetelo. Se lo trovate nella libreria di un amico, fatevelo prestare. Se volete comprarlo, andate in biblioteca, che è meglio. 

Francesca

2 commenti:

  1. A me, questo libro è piaciuto molto :)
    Ho trovato le trovate stilistiche molto accattivanti, proprio come la scrittura dell'autore, che ha saputo rendere ogni sensazione e situazione nel migliore dei modi (non so come sia la traduzione italiana, ma in inglese lo stile è molto fluido e ipnotizzante).
    Ho adorato la caratterizzazione dei personaggi, sopratutto quella di Clay e Hannah, i cui risvolti psicologici non sono molto comuni e accendono una certa inaspettata curiosità nei loro confronti.
    Per quando le motivazioni del suicidio di Hannah possano sembrare insensate, su un indole debole anche una parola di troppo può scatenare un meccanismo poco sano.
    Ad esempio 'grassa', per una ragazzina insicura, può riservare un bel pò di problemi, credimi. Perciò, per quanto sia brutto ammetterlo, ho, se non approvato, per lo meno 'compreso' le reazioni di Hannah :)
    Comunque bella recensione, malgrado la pensiamo diversamente, sei riuscita a farmi rifletter esu un paio di sfaccettature che non avevo considerato... Non vedo l'ora di leggerne qualche altra :D

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    1. Grazie a te! Le recensioni servono proprio a vedere sfaccettature nuove, d'altra parte, non ricordo chi lo disse, "non sono mai esistite due persone che abbiano letto lo stesso libro"!
      Sono sempre più convinta che le recensioni debbano essere lette dopo il libro e non prima, come avviene per i film, in modo da osservare la narrazione da un altro punto di vista, non certo per scegliere o no se acquistare un determinato libro.
      Francesca

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